Cultura e Spettacoli

L’ombra del napalm segreto nel porto di Bari

Lunedì 9 aprile ricorrerà il 73° anniversario dell’esplosione della nave militare americana “Henderson” avvenuta nel porto di Bari nel 1945, a pochi mesi di distanza dal disastro causato dall’esplosione di un’altra nave americana, la “John Harvey”, carica di bombe all’iprite, avvenuto il 2 dicembre del 1943. L’orologio segnava le ore 11.57 quando, la “Charles Henderson” , ancorata presso la banchina 14 del porto di Bari, esplose provocando, secondo alcune fonti americane, la morte di 542 persone e il ferimento di altre 1.800. A pochi giorni dal termine del Secondo Conflitto Mondiale, dagli Stati Uniti continuavano a partire navi cariche dei rifornimenti necessari, sia all’aviazione di base in Puglia, che per le truppe impegnate nel nord Italia. La “Henderson”, incaricata al trasporto di munizioni, il 14 marzo del 1945 partì dal porto di Norfolk (Virginia) con altre 45 navi Alleate, per intraprendere il suo ultimo viaggio, alla volta del fronte meridionale in Europa. Ma alle ore 13 del 29 marzo le navi militari americane, nei presso dello stretto di Gibilterra, subirono un attacco dai sommergibili tedeschi. L’Henderson riuscì ugualmente a raggiungere, il 5 aprile, il porto di Augusta, in Sicilia, e all’indomani, dopo una breve sosta di rifornimento, raggiunse il porto di Bari. La nave fu ormeggiata subito presso la banchina n. 21 ma per ragioni logistiche venne spostata, col suo carico di 6.675 tonnellate di bombe d’aereo e munizioni varie,  alla banchina n.16. Le operazioni di scarico dell’Henderson iniziarono immediatamente: i marinai sbarcarono subito 2.450 tonnellate di materiale bellico. Ma la mattina del 9 aprile, dopo essere stata spostata presso la banchina n. 14, i lavoratori addetti ripresero lo scarico della stiva n.5 (dove erano incassate 500 tonnellate di bombe d’aereo) fino alle 11.57 ora dell’esplosione violentissima. Le fonti dell’epoca raccontano che tutti i vetri degli edifici pubblici e delle abitazioni private andarono in frantumi nel raggio di diversi kilometri dal luogo dell’esplosione e scene di panico si registrarono nelle scuole che si svuotarono in pochi minuti. Una pioggia di nafta e detriti si riversò su Bari, sovrastata da un’altissima colonna di fumo. Le case della città vecchia dichiarate inagibili furono circa mille. Ingenti danni subirono anche l’Ospedale consorziale (accanto a Santa Scolastica) e le chiese: San Gregorio, Santa Chiara, la Cattedrale, San Nicola. Il Presidente del Consiglio dei Ministri -Ivanoe Bonomi- dispose il versamento  di dieci milioni di lire per i primi soccorsi a migliaia di famiglie costrette a sfollare. Il piroscafo americano, per fortuna, esplose solo in parte. La nave si spezzò in due tronconi, la prua proiettata in avanti dall’esplosione andò a conficcarsi profondamente nel muro di sponda del molo antistante mentre la poppa, ridotta ad un ammasso informe di ferraglie, affiorava a pelo d’acqua. La parte centrale dello scafo, in corrispondenza delle stive e del motore, s’inabissò. <<Un terrificante quadro di devastazione e di morte, un ammasso caotico di macerie di ogni sorta, di grossi blocchi di calcestruzzo e di travate disseminate qua e là, che con le loro scheletriche sagome conferivano alla scena un’impressionante visione apocalittica>> -racconterà a P. Trizio, già Presidente dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia di Bari, l’ingegnere del Genio Civile -Giuseppe Geraci- incaricato, più tardi, di ripristinare la banchina. Dalle ricerche pubblicate sul libro di Andrea Villa “Guerra aerea sull’Italia (1943-1945) è emerso che dopo le bombe all’iprite, gli americani stessero sperimentando quelle al Napalm, un agente incendiante (tristemente noto nella guerra in Vietnam) con effetti distruttivi ad ampio raggio; la nuova arma fu infatti <<impiegata tra marzo ed aprile 1945 su alcune zone dell’Emilia Romagna e del Nord-Est contro i reparti nazisti>>. Come già avvenuto per l’esplosione del dicembre 1943, anche nei giorni successivi al 9 aprile 1945 le notizie sull’esplosione della nave “Henderson” furono coperte da segreto militare per la sperimentazione del Napalm e degli aggressivi chimici. La versione ufficiale del Comando Militare Alleato parlò di <<incidente>>. Tuttavia, nonostante la censura di guerra, il giornale delle forze di occupazione alleata “L’Union Jack”, stampato nel capoluogo pugliese, definì l’accaduto <<Uno dei maggiori disastri della guerra nel mare Mediterraneo>>. Inoltre, nel 1946, una speciale commissione dell’U.S. Army diresse tutte le operazioni di recupero del pericoloso carico e di localizzazione dei fondali a largo della costa pugliese per <<il gettito in mare di queste bombe considerate troppo pericolose per essere conservate a terra o maneggiate come necessario per gli scopi di demilitarizzazioni>>.

Maria Giovanna Depalma


Pubblicato il 6 Aprile 2018

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