Cultura e Spettacoli

Nicola nuotava come un pesce

I bestiari medievali sono prodighi di immagini e notizie relative a creature a metà strada tra l’uomo e il pesce : la carpa dal viso di bimba, il pesce-monaco, la sirena, il tritone… Deliri nati da realtà travisate nei vergognosi giorni delle donne accusate di stregoneria e mandate al rogo. Le lusinghe del fantastico, l’ignoranza egemone, la grettezza coltivata ad arte dalla Chiesa e la fissa del demonio avevano il potere di eccitare la fantasia in modo morboso. Ad esempio, un pescatore dalla capacità di nuotare in apnea talmente accentuata da ‘sembrare’ un pesce, poteva nel passaparola ‘diventare’ un pesce (uomo). Perciò veniva descritto come ricoperto di squame, con mani e piedi palmati e non di meno capace di parlare, di interagire col prossimo…  La leggenda di Colapesce, che con alcune varianti è diffusa nell’Italia meridionale dal XII secolo, non può che avere queste origini. Il primo autore che ne parla, Raimon Jordan, fu un poeta franco provenzale. Jordan scriveva di un ‘Nichola de Bar’ che ‘viveva  come un pesce’. Di un Nicolaus soprannominato Pipe o Papa e in possesso del dono di scendere a profondità inaudite parlano successivamente due inglesi, il canonico Walter Map e il monaco Gervasio di Tilbury. Nel XIII secolo, nella versione di Fra’ Salimbene de Adam,  il nostro uomo-pesce diventa Nicola, prodigioso nuotatore messinese che Federico II mette alla prova. Tutte le versioni convengono su un punto: Colapesce muore nel corso dell’ultima e temeraria immersione nel corso della quale viene a scoprire il gran fuoco che arde sotto la Sicilia e che alimenta l’Etna. Detto questo, torniamo a Nichola de Bar di Raimon Jordan. Quel ‘Bar’ sta per Bari o proprio per Bar, il porto montenegrino che ‘opponendosi’ al capoluogo pugliese è conosciuto anche come Antivari? A far pendere il piatto della bilancia dalla parte nostra c’è quel nome (Nicola) che ricorre in ogni vulgata. Prima della nascita di Jordan, il culto del grande taumaturgo (le cui ossa riposavano in Basilica già dal 1100) il nome Nicola si era così affermato a Bari da imporsi ai vari Giuseppe, Luca, Marco… Ora, nella generale opinione del tempo un pescatore della città che si era posta sotto la protezione del Santo che più amava la gente di mare poteva chiamarsi diversamente da Nicola? E più in generale, il racconto di una qualunque storia che avesse a che fare col mare e con la sua gente poteva prescindere dal nome del Santo taumaturgo? L’uomo che ispirò la leggenda di Colapesce forse non si chiamava Nicola e nemmeno veniva da Bari, ma chi per primo ne diffuse il ‘cunto’ aveva bisogno di note di colore per ‘fare capannello’. Quindi, prima cosa il nome adatto (quello di un Santo ‘di mare’, perciò Nicola) ; seconda cosa, una  collocazione geografica ‘tipica’ (Bari). In conclusione, Jordan prese una figura vaga del Mezzogiorno d’Italia e gli definì il carattere, creando un personaggio ed assegnandogli una ‘location’. I cantastorie e i cronisti successivi altro non fecero che mettere ‘a dimora’ qui e là una storia divenuta ormai ‘universale’ e di gusto spiccatamente centro-mediterranea.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 16 Luglio 2015

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio