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Niente modifiche allo statuto della Cassa Prestanza, ma i dubbi restano

Respinto su tutta la linea, il tentativo di chi gestisce la Cassa Prestanza dei dipendenti del Comune di Bari, che ieri con un articolo unico all’ordine del giorno, avrebbero voluto modificare lo statuto della stessa cassa. Cambiando in buona sostanza lo ‘status’ dei quasi duemila aderenti-dipendenti alla cassa mutua da ‘iscritto’ a ‘socio’, addirittura con effetti retroattivi si vociferava fino al giorno prima della contestatissima assemblea di ieri al Comando della Polizia Municipale. E comunque con la possibilità di chiedere contributi supplementari agli stessi iscritti. Ma tutto, come detto, è rimasto allo ‘status quo ante’ a furor di popolo, dopo un’assemblea con interventi quasi tutti a voce alta e molto duri, alla presenza di un paio di consiglieri comunali di minoranza (contestata addirittura anche questa da sindacalisti, in verità, non molto informati sul concetto di trasparenza) decisi a prestare attenzione a un istituto che, in ogni caso, beneficia di un sostanzioso contributo pubblico da parte dei cittadini – contribuenti baresi. Infatti circa nove mesi fa, come si ricorderà, è stato il consigliere pentastellato Sabino Mangano a riannodare le fila ‘Cassa Prestanza’ con un esposto alla magistratura contabile che teneva conto lo stato economico preoccupante in cui versa. Eppure sono ben settantasei anni che la Cassa di Prestanza (istituita da un Regio Decreto attorno al 1930) e’ in piedi al Comune con lo scopo ultimo di rimpinguare la pensione dei suoi dipendenti, nonostante in molti altri enti pubblici sia ormai un lontano ricordo. Anzi, non manca chi nutre dubbi su amministrazione, gestione e funzionamento di questo fondo cassa che, pur rassomigliando ormai ad una vero e proprio istituto di credito che presta denaro a tassi abbastanza interessanti, ne elude ogni controllo. Verifiche che sfuggono e diventano dai contorni poco chiari anche dovendo funzionare come un fondo integrativo, per consentire di arrotondare la magra pensione ai soci. Cioè dei dipendenti comunali, ai quali ogni mese viene sottratto automaticamente dalla busta paga una bella cifra, che varia mediamente dai 50 euro degli impiegati di concetto, ai circa 100 prelevati dallo stipendio dei dirigenti. E tenendo conto che alla Cassa di Prestanza del Comune di Bari è iscritto quasi tutto il personale (pare l’ottantacinque per cento dei circa duemila impiegati) non è difficile tirare le somme che annualmente manovrano presidente, consiglieri d’amministrazione e revisori, senza essere praticamente controllati da nessuno. Ed è proprio da questo punto, a parte i troppi condizionali dovuti alla mancanza di dati certi, che  parte la sequela di interrogativi sulla Cassa di Prestanza targato Comune di Bari. Che pur funzionando, come detto, alla stregua di una medio-grande società finanziaria, non e’ sottoposta alle rigide norme in materia. Un bel record che resiste da più di sei lustri, da un po’ di tempo afflitta da seri problemi di bilancio suffragati dall’assemblea naufragata ieri tra proteste e mal di pancia. Anche la consigliera comunale Irma Melini, presente ieri nella sala affollatissima s’è fatta un’idea: “Sono rimasta sconcertata dall’assenza dell’assessore al Personale alla riunione, cioè dall’assenza del presidente pro-tempore che avrebbe dovuto garantire la legittimità di ogni decisione”. E non fa niente che ieri s’è deciso infine di non decidere niente sulla Cassa Prestanza del Comune di Bari, rimandando tutto e tempi migliori, aspettando di discutere il presunto squilibrio dei conti fra versamenti effettuati dai soci e saldo finale, effettuato senza garantire i soci. E cosa accadrebbe se, malauguratamente, dovesse fallire, o magari chiudere i battenti, com’è già accaduto in molti altri Enti? Ma soprattutto, fino a quando il Pubblico Bilancio, cioè i contribuenti, saranno chiamati a ripianarne i debiti? “Quando fui assunto mi misero sotto il naso questo foglietto, che mi fecero firmare senza troppe spiegazioni, dicendo che si trattava di un fondo per aumentare la pensione, che ce l’avevano tutti”, raccontano a Palazzo di Città. E cosi’, proprio quando il neo-assunto al Comune firma il suo bel contratto a tempo indeterminato, approfittando del momento di euforia, diventa quasi senza saperlo socio di una Cassa di Prestanza, da cui non si esce più, nemmeno con le cannonate. Ma ora molti iscritti/dipendenti hanno perso la pazienza e deciso che è giunto il momento di cambiare le carte in tavola, sicchè minacciano addirittura di occupare la sala consigliare in occasione dell’assemblea consigliare di domani, per avere risposte certe dall’amministrazione e soprattutto da chi gestisce la stessa Cassa.

 

Francesco De Martino


Pubblicato il 29 Dicembre 2016

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