Cultura e Spettacoli

Non lasciamoci soli

‘Non lasciamoci soli’ è il motto della Fondazione Maria Rossi, costituita nel 2005 dai figli della signora Maria Rossi deceduta in giovane età per cancro al fine di onorarne la memoria. Questa Onlus si ripromette di organizzare azioni efficaci che rispondano ai reali bisogni di quanti direttamente o indirettamente incontrino il cancro. Numerosi i progetti in cantiere : Si pensa sia ad un servizio di trasporto urbano per pazienti oncologici che ad interventi di garanzia per l’accesso dell’ammalato alle reti di Terapia del Dolore e Cure Palliative disposte da una recente legge regionale. Si pensa pure ad un luogo protetto all’interno del sito archeologico Madonna di Grottole (nel territorio di Polignano a Mare) dove i pazienti reduci da un ciclo chemioterapico possano recuperare le energie. Un altro interessante progetto (Figli di nessuno) nasce da una constatazione amara : Se già per un figlio è dura perdere l’ultimo genitore per un tumore, le cose si complicano quando quel figlio si ritrova solo, in giovanissima età e senza mezzi di sostentamento ; casi affatto inusuali a causa dell’elevato numero di adulti colpiti da questo male in età relativamente giovane. ‘Figli di nessuno’ nasce dai suggerimenti di alcuni giovani che, avendo vissuto in prima persona questa esperienza, hanno costituito un gruppo di mutuo aiuto. In attesa di mettere a loro disposizione un gruppo di professionisti ed esperti del settore che li sostengano e li instradino verso il mondo del lavoro, la Fondazione è già intervenuta promuovendo un corto di Pierluigi Ferrandini (‘Io sono qui’) che vede interpreti proprio quei giovani. Duplice la finalità : metabolizzare il dolore parlandone e sollecitare l’attenzione pubblica. Il corto è stato presentato lunedì scorso nell’Auditorium della Fondazione. Dodici minuti di onesto cinema, diretto ed essenziale, senza pretese, senza preziosismi. Ben scritto, il breve film di Ferrandini mette in parallelo numerose tragedie umane, metà delle quali ha luogo dentro un letto (opportunamente, gli ammalati non sono mai oggetto di inquadratura). Le restanti tragedie vedono questi ragazzi divisi fra attenzioni da portare a malati terminali e sforzi per dare comunque un senso al presente, per progettare un futuro. Molto bella la scena conclusiva : una coppia che improvvisa passi di danza nei pochi metri quadri di spazio residuo all’interno di una stanza dove qualcun altro muore. La vita continua, no? E poi per chi deve andarsene non è forse meglio accomiatarsi da questo mondo avendo negli occhi la più elegante espressione della freschezza giovanile? Se l’alternativa dev’essere un lugubre prete da estrema unzione…

Italo Interesse

 


Pubblicato il 25 Giugno 2015

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