Primo Piano

Palagiustizia: pagati gli ultimi 2 milioni di euro per un progetto mai realizzato

Oltre 2 milioni e mezzo di euro è la cifra residua, probabilmente in difetto, che il Comune di Bari ha sborsato per liquidare i compensi dei sette progettisti baresi del secondo palagiustizia, mai costruito in via della Carboneria, sempre nel rione Libertà. E ora, con una delibera licenziata una quindicina di giorni fa, la giunta Decaro ha deciso di non opporsi alle ingiunzioni di pagamento che gli stessi professionisti, componenti del gruppo di progettazione del secondo Palazzo di Giustizia con annessi aula-bunker e autosilo, hanno chiesto al Comune di Bari il pagamento pro-capite della somma di 355.79,90 euro oltre accessori, a titolo di “prestazioni professionali”, nonché il risarcimento dei danni subiti pari al 25% dell’onorario richiesto. In effetti con ordinanze comunicate a ottobre dell’anno scorso, il Tribunale di Bari ha accolto parzialmente le domande degli ingeneri e architetti incaricati della progettazione, condannando il Comune, ma rigettando le ulteriori domande di condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni. Una magra consolazione per l’ente che poi non ha mai fatto tesoro di quel progetto, non approvato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici con una lunga serie di prescrizioni che ne resero praticamente impossibile la realizzazione, una ventina di anni fa, anche se adesso l’Avvocatura comunale ha espresso “parere professionale” al Direttore della Stazione Unica Appaltante, indicando i motivi per la non proposizione dell’appello verso le ordinanze/sentenze. Motivi condivisi dalla stessa Ripartizione, con nota prot. N. 150017 del 23.6.2015. Storia antica, quella della mancanza della sede unica della giustizia nel capoluogo, visto che già nel 1982 il Presidente della Corte di Appello di Bari Filippo Mancuso e il Consiglio dell’Ordine forense avevano interessato il Sindaco di Bari (competente ex lege) a risolvere il problema. Finalmente la Giunta municipale di Bari, con delibera n. 3968 del 14 agosto 1988, affidò l’incarico della progettazione di un secondo Palazzo di Giustizia in corso della Carboneria, su un’area destinata dal piano regolatore generale a “servizi per la residenza”, a un gruppo di sette professionisti: ing. Elio Cafaro, arch. Beniamino Cirillo, ing. Alfredo De Marco, arch. Domenico Massimeo, ing. Giovanni Mola, arch. Paolo Pastore, ing. Franz Tamma. Fu designato, quale capo gruppo, l’ing. Alfredo De Marco, guarda caso fratello dell’allora Presidente della Corte di Appello di Bari, dott. Luigi De Marco che, pur non avendo specifiche competenze in edilizia giudiziaria fu nominato capogruppo responsabile dei sette progettisti incaricati. Bisogna ricordare che il loro progetto fu ‘osservato’, come si dice in gergo tecnico, per ben due volte dal Consiglio superiore dei lavori pubblici eppure, nel silenzio dell’Amministrazione comunale, si riteneva di poter realizzare un palazzone per uffici giudiziari, con una volumetria di oltre 300mila metri cubi su un’area di appena 2,8 ettari e con un indice di 11 metri cubi per metro quadro. In tutti questi anni si è parlato molto di sede unica dei tribunali, dimenticando che quasi quattordici anni fa precisamente il 24 luglio2001, si costituì il “Comitato pro-Cittadella”, con la partecipazione dell’Ordine degli avvocati, dell’Associazione nazionale magistrati, Camera penale e con la partecipazione di una mezza dozzina di parlamentari: sen. Dentamaro, sen. Greco, sen. Nocco, on. Gironda, on. Vendola e sen. Bucciero. Furono proprio questi ultimi ad assumere ‘coram populo’ l’impegno di richiedere al Governo la realizzazione della Cittadella della Giustizia, in cui accorpare in modo idoneo e adeguato tutti gli Uffici giudiziari. Poi la discesa in campo dell’impresa Pizzarotti che a febbraio 2002 formulò una proposta su un’area ubicata in prossimità dello stadio S. Nicola. Ma qualche mese dopo, a giugno 2002 alcuni imprenditori baresi formularono anch’essi una proposta per la nuova sede degli Uffici giudiziari e cioè la società Bari 2 S.r.l. (gruppi Matarrese – Rubino – Putignano) e la società So.Eco. S.r.l. (gruppo Mazzitelli). Questa cordata societaria allegava e faceva proprio il progetto di proprietà comunale del Palazzo di Giustizia di corso della Carboneria, redatto dai sette progettisti con a capo l’ing. De Marco, tutti pagati con danaro pubblico. In sintesi, era accaduto che una società privata (Bari 2 S.r.l.), nel formulare la propria proposta, avrebbe utilizzato, senza alcuna autorizzazione dell’Amministrazione comunale proprietaria, il progetto che il Comune aveva pagato circa 7 miliardi di vecchie lire (gli ultimi praticamente l’anno scorso) per onorari dei progettisti. Dell’evidente gravità dell’accaduto si accorse proprio il Comune, tanto che l’Ottava Commissione ai lavori pubblici, con verbale del 24 novembre 2004, convocò l’ing. Alfredo De Marco. Il quale spiegò che “non erano a conoscenza che la società Bari 2 nella propria proposta formulata al Comune di Bari riportava integralmente il progetto di corso della Carboneria”. La storia, dipanatasi e arricchitasi di una serie infinita di altri misteri e interpellanze parlamentari, non è stata mai chiarita ed anzi ora si attende l’ennesimo responso dopo l’intervento di Corte di Cassazione, Commissario Prefettizio e Corte Europea di Giustizia, anche se di certo sotto il cielo plumbeo di Bari c’è un progetto miliardario già pagato per costruire la sede unica della giustizia, mai realizzato. E la Corte dei Conti sta a guardare, come le stelle….

 

Francesco De Martino

 

 


Pubblicato il 14 Luglio 2015

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio