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Sul “caso Barattolo” il sindaco Emiliano non convince

I sospetti di possibili “raccomandazioni” partite da Palazzo di Città per le assunzioni a Eataly, il nuovo megastore barese del food ospitato nel padiglione monumentale della Fiera del Levante, non sembrano affatto dissolti dalla presa di pozione del sindaco, Michele Emiliano, con l’assessore Filippo Barattolo che, a detta dello stesso, non sapeva neppure che la figlia Alberta aveva fatto domanda di assunzione e da qualche settimana era stata chiamata ad occupare un posto come cassiera. Infatti, il diktat di Emiliano a Barattolo: “O ti dimetti tu o si dimette tua figlia” ha rafforzato ancora di più i dubbi di eventuali pressioni esercitate sui vertici aziendali, per far assumere parenti di alcuni amministratori e dirigenti comunali baresi, o altri soggetti da questi segnalati. A non convincere i soliti malpensanti c’è innanzitutto il fatto che il sindaco ha offerto a Barattolo la facoltà di scegliere. Infatti, rilevano sempre gli stessi malpensanti, “Come mai Emiliano chiede all’assessore di far dimettere la figlia dal posto di lavoro a Eataly, subordinando tale richiesta alla permanenza in giunta, se è vero che Alberta Barattolo era stata assunta non su segnalazione del padre?” Insomma il sindaco Emiliano, se crede alla versione dei fatti fornita dal proprio assessore alla Toponomastica e programma, perché mai ne condiziona la permanenza in giunta alla decisione di un terzo soggetto, la cui unica responsabilità è quella di essersi cercato un lavoro? Oppure Emiliano non crede a Barattolo, sapendo altro, e quindi gli ha imposto di scegliere tra le dette opzioni. Però, se così fosse, perché il sindaco non ha licenziato l’assessore? Infatti, si chiedono ancora i malpensanti: “Se fosse vero che la figlia di Barattolo non era stata raccomandata, avendo fatto tutto da sola e per giunta all’insaputa del padre, allora perché doveva rinunciare a quel posto di lavoro per favorire la permanenza del padre in giunta?” Ma è credibile chi, dopo appena un giorno di effettivo lavoro da cassiera, decide di questi tempi di licenziarsi a cuor leggero, ritenendolo non confacente alle proprie attitudini, quando in realtà la mansione affidatale era nota già dalla sottoscrizione del contratto di lavoro? Tra l’altro – rilevano con ironia alcuni diffidenti – “E’ sorprendente constatare il criterio adottato nelle assunzioni dai vertici di Eataly, che avevano selezionato per le mansioni da cassiera una laureata in Scienze della comunicazione!”. Infatti, se proprio fosse prevalso il titolo di studio, al più avrebbero preferito forse una cassiera “senza raccomandazione” ma laureata in Economia, o in Matematica. Quest’ultima, se non altro, avrebbe avuto sicuramente più dimestichezza con le cifre, per le quadrature di cassa ed altro! E, continuando, sempre i soliti diffidenti rilevano: “Che cos’è stato, forse, quel diktat di Emiliano a Barattolo un ricatto?” E concludendo fanno una considerazione: “I figli degli assessori di Emiliano non hanno il diritto di lavorare come tutti gli altri cittadini, quando non sono raccomandati?” Ma c’è di più. A questi interrogativi se ne possono aggiungere altri che rafforzano ulteriormente dubbi e sospetti, proprio alla luce della versione fornita dallo stesso Barattolo, che quando si è incontrato con il sindaco, oltre ad assicurare di non saper nulla su quel posto di lavoro alla figlia, non si è di certo fatto cogliere impreparato alla richiesta di Emiliano. Infatti, sempre come sostiene Barattolo, la figlia si era dimessa già qualche ora prima della presa di posizione del sindaco sulla vicenda. Circostanza casuale, ma comunque assai sospetta. In realtà il nocciolo della vicenda potrebbe essere ben altro. Infatti, il patron di Eataly, Oscar Farinetti, ha già dichiarato pubblicamente che gran parte degli  assunti sono stati segnalati dai partiti e quindi le “raccomandazioni” ci sono state eccome. Ed Emiliano verosimilmente lo sapeva. Anzi, poiché è noto che quasi tutti i “partiti” da tempo sono ormai  soggetti collassati, perché le loro organizzazioni interne sono evanescenti, è possibile invece che l’elenco completo dei “raccomandati” per l’assunzione ad  Eataly sia stato addirittura compilato in qualche stanza del Palazzo comunale di corso Vittorio Emanuele, o di quello regionale del lungomare Nazario Sauro, come – a detta di qualcuno –  già avvenuto in passato per altri megastore, che si sono insediati a Bari negli ultimi anni. Una prassi, questa, degna delle peggiori pratiche della tanto vituperata prima Repubblica nella quale, però, a vigilare sulla “corretta spartizione” dei posti (se così la possiamo definire!) erano i partiti. Mentre ora non si sa come, ma neppure chi effettivamente ha provveduto a ripartirsi i nomi segnalati per le assunzioni. Per cui non c’è da meravigliarsi se tra gli assunti compare poi il nome della figlia di qualche assessore o (se l’elenco degli assunti sarà reso pubblico) i parenti di altri esponenti politici o dirigenti pubblici, che occupano posizioni di potere all’interno delle istituzioni da cui dipende il rilascio delle autorizzazioni amministrative necessarie alle attività aziendali da svolgere. Nel caso di Eataly pare che le domande di lavoro inviate a suo tempo all’azienda siano state ben 7000 e la stragrande maggioranza di questi non è stata neppure invitata ad una selezione. E di loro non sono stati vagliati neppure quelli con competenze specifiche nel settore. Ciò significa che i “giochi” per le assunzioni erano già stati fatti ed in maniera non certo trasparente, vista la recente confessione di Farinetti sulle assunzioni baresi. Ma a sconcertare più del metodo con cui sarebbero avvenute le assunzioni ad Eatay è il falso puritanesimo di certa classe politica barese, che da un lato si erige a paladina del moralismo, della trasparenza e del buon governo, mentre dall’altro lato si cimenta in pratiche di potere che sono sicuramente pari, se non addirittura più insopportabili, delle peggiori nefandezze praticate nella prima Repubblica. E con la differenza che i protagonisti di quell’epoca storica non avevano la populistica pretesa di essere dei moralizzatori. Da non dimenticare che a Bari un ex assessore ai Contratti ed appalti di Emiliano, Lino Pasculli, è stato rimosso e mandato sottoprocesso su denuncia del suo stesso sindaco, perché aveva tentato di “raccomandare” un povero disperato, per un misero posto di lavoro da pulitore. Mentre chi probabilmente usa la propria funzione politico-amministrativa per trovare una collocazione lavorativa a parenti, o amici e figli di amici (che forse non hanno neppure l’impellente bisogno di sopravvivere, appartenendo il più delle volte a famiglie comunque benestanti!), finisce per essere tollerato. E, forse, anche giustificato. Un doppiopesismo morale e politico francamente incomprensibile ai comuni cittadini baresi. Come pure incomprensibile politicamente è stata qualche mese fa l’improvvisa estromissione dalla giunta Emiliano dell’assessore alle Attività economiche Franco Albore. Un “mistero” su cui molti addetti ai lavori si chiedono ancora oggi quale è stata la ragione  scatenante vera che ha spinto il sindaco a rimuoverlo a soli pochi mesi dalla scadenza naturale del mandato. E su cui né l’interessato, né tantomeno lo stesso Emiliano si sono finora pronunciati pubblicamente. “Una ragione vera – sostiene qualcuno alla luce delle presunte “raccomandazioni”  ad  Eataly (probabilmente non solo per i posti di lavoro) – che forse è inconfessabile per entrambi”. E per fortuna, quindi, che il Primo cittadino di Bari, come egli stesso ha dichiarato in una recente intervista apparsa sul maggior quotidiano locale, si considera persona “Onesta ed inflessibile ” che odia le “disuguaglianze tra le persone e le bugie di convenienza”. Evviva la “sincerità”(solo politica?) del sindaco Emiliano!

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 6 Agosto 2013

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