Cultura e Spettacoli

Vittorio, ciclista urbano

Si è spento Vittorio Stagnani. Era uno instancabile, gaio, curioso, affatto scostante. E ne sapeva fare di cose. Chi ne ha stilato il necrologio in questi giorni avrà avuto il suo da fare. Quante ‘qualifiche’ : Giornalista, scrittore, docente, pittore, gastronomo, esploratore, naturalista… Ci permettiamo di aggiungerne una, ignorata da tutti : ciclista urbano. Vittorio non apparteneva alla schiera dei pedalatori della domenica. Paladino dell’ambiente, ma senza ostentazione, Stagnani aveva il culto della due-ruote. Usava la bici per spostarsi in città, che si trattasse d’andare a scuola, in redazione o al mercato. Né faceva della sella un trono, nel senso che non amava gongolare su quelle bici sofisticate che fra telaio in fibra di carbonio, sellini siliconati ricoperte in pelle di vitello e bauletti firmati arrivano a costare tremila euro. Vittorio Stagnani prediligeva la classica 28 monomarcia, un modello anteguerra senza pretese, ma generosa. Una bici ‘proletaria’, un micro ciuccio da fatica. Spesso, ciascuno pedalando per i fatti suoi, ci incrociavamo. Uè Vittòooo! Uè Italoooo…! (non ricordo dove e quando ci fossimo conosciuti). Ad ogni incontro, distraendo una parte del proprio tempo a beneficio dell’altro, a turno l’uno accompagnava l’altro per un paio di isolati, il tempo di scambiare due chiacchiere a ritmo di pedale, parlare di progetti, condividere qualche ricordo. Qualche volta però gli incontri non erano ad ‘armi’ pari. Se mi beccava al volante, Vittorio era capace di cambiare itinerario, di inseguirmi e raggiungermi al primo semaforo. Allora mi affiancava e con un colpo di campanello attirava la mia attenzione : Vergogna, uomo tecnologico!  E subito via  con un sorrisetto sarcastico, senza darmi il tempo di ribattere. Divertito, incassavo la sconfitta con un colpetto di clacson. Intanto fra me e me meditavo vendetta : La prossima volta… E per ‘la prossima volta’ intendevo quella in cui ci fossimo ritrovati a parti invertite. Cosa gli avrei detto, gli avrei dato del fariseo’, del doppiogiochista, del collaborazionista al soldo delle Sette Sorelle? Ancora non sapevo. Oh, ma qualcosa in capo mi sarebbe venuto. Ove, s’intende, l’occasione si fosse presentata. E invece non si presentò mai. Per quante centinaia di chilometri abbia macinato in Bari in sella alla mia fida e antidiluviana Cascella, nemmeno una volta mi riuscì di incontrare Vittorio alla guida di un’auto. Eppure la patente l’aveva, sapevo, guidava. La sorte mi fu nemica. E adesso che Vittorio se n’è andato, bonariamente mi brucia non avergli potuto tirare l’orecchio almeno una volta. Nel nostro gioco innocente, episodico e teneramente urbano, era scritto che vincesse solo lui.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 10 Gennaio 2018

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